Montale e il “dialogo” aperto con filosofia, religione e fisica nel saggio di Adriana Beverini

Mag 24, 2025

Che dialogo può esserci tra la poesia e le altre discipline dello scibile umano? Solo per rimanere al Novecento sono diversi gli autori che si sono cimentati in queste “conversazioni”, direttamente tramite i versi quando non a latere, in divagazioni, interviste, saggi, confronti, spigolature. È uscito di recente per la firma di Adriana Beverini un saggio agile e ricco di spunti dal titolo “L’Oltre: Eugenio Montale tra filosofia, fisica e religione” (Il ramo e la foglia Edizioni, 110 pagine, 15 euro, con prefazione di Alessandro Zaccuri e uno scritto d’appendice a cura di Roberto Maggiani) che propone suggestivi scenari seppur senza pretese di esaustività sul grande intellettuale ligure.

Fondatrice e direttrice, tra gli altri, del Premio Montale Fuori di Casa, saggista e critica letteraria con svariati interessi culturali, Beverini nel volume non rinuncia a lanciare proposte e suggerimenti di lettura dei passi più significativi del poeta raffrontandoli con acume con testi filosofici e passaggi nei libri sacri.

Se “natura e scienza sono nemiche dell’uomo”, se ciò che a lui interessava era soprattutto l’invisibile, “ciò che si sente e non si tocca”, per usare alcune delle espressioni care a Montale, è evidente che sottotraccia egli ha sempre mantenuto una porta aperta nei confronti degli universi anche più apparentemente lontani da quelli a lui congeniali, non foss’altro per il suo lavoro di redattore per lunghi anni al Corsera grazie al quale accoglieva notizie a getto continuo. Prendiamo la religione, ad esempio: se essa non lo hai mai coinvolto appieno, di certo, come Croce, non poteva non dirsi cristiano, in controluce, intenzionato a scoprire se l’Oltre non rappresentasse solo un dilemma del pensiero umano bensì un’opportunità per l’uomo.

Altrettanto si può sostenere con riferimento alla scienza e segnatamente alla fisica: il Premio Nobel apprezzava Einstein (entrambi, curiosamente, vissero a pochi edifici di distanza in via Bigli a Milano), dedicò versi alla Luna dopo la grande impresa del 1969 ma stigmatizzò anche il comportamento dell’uomo che preso tra mille scoperte finiva per dimenticare il valore della solidarietà tra simili. Teorie cosmologiche e atomiche erano da lui conosciute e come in Calvino che a metà degli anni Sessanta con le Cosmicomiche si “volse” a una scrittura segnata dalla scienza, ecco che Montale mantenne sempre un vivo interesse per gli studi, ad esempio, sull’origine dell’universo (“mi pare strano che sia nato da un’esplosione”) o sul vuoto (“amici non credete agli anni luce/ al tempo e allo spazio curvo o piatto”).

Secondo l’opinione di Beverini egli avrebbe poi incrociato le filosofie orientali, e in particolare il buddhismo, ma anche aspetti specifici come lo yoga, questioni che aprono nuovi scenari su una poesia tutt’altro che paludata, semmai pienamente aderente a un autore capace di rinnovarsi fino alla vecchiaia.

La “divina indifferenza” citata in una delle sue più celebri opere non è forse un dire simile allo stato di pace, all’atarassia che libera l’uomo dalle passioni, come in Democrito, nelle scuole post aristoteliche e in Buddha? Ricorrendo ai testi di Giorgio Agamben e agli accenni lanciati da Andrea Zanzotto si giunge poi al rapporto non “impossibile” tra il poeta genovese e la gnosi. E per concludere riprendendo il tema spirituale, in Montale le religioni sono “una cosa sola:/ variano i cuochi e le cotture”: che esista un Dio non è certo, ma in lui si è mantenuta sempre salda la ricerca laica, onesta, discreta della Verità, quale che fosse.

A cura di Federico Migliorati

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